La Divina Commedia e il Libro della Scala

La Divina Commedia e il Libro della Scala

Per aiutarci ad entrare in argomento, riprenderemo alcuni documenti comparati scelti dalle introduzioni dei due testi di cui parliamo: la Divina Commedia e il Libro della Scala, che è, a dire degli studiosi, tra le fonti islamiche della Commedia, quella più diretta. Citeremo in questo breve articolo altri tre testi sacri: i Salmi del Profeta Davide, un versetto citato nei Vangeli e il Sacro Corano.

Questo allo scopo di testimoniare come fin dal medioevo, in Europa, vi sia stata piena comunicazione tra le forme tradizionali delle civiltà derivanti dalle Rivelazioni Divine del Monoteismo Abramico: le Rivelazioni Ebraica, Cristiana e Islamica, che hanno dato origine alle Civiltà provenienti dai figli di Abramo.

Trattandosi di principi eterni, metafisici nella loro essenza, ancora oggi, come sempre è stato, è possibile ispirarsi ad essi e trovarvi la regola di una convivenza pacifica, nel rispetto delle ortodossie dottrinali e rituali di ciascuna di queste tradizioni sacre, da considerarsi distinte e autonome ciascuna nella propria specifica integrità.

“Al magnifico e vittorioso Signore, messer Cangrande della Scala, del Sacratissimo principato cesareo nella Città di Verona e di Vicenza Vicario generale, il suo devotissimo Dante Alighieri, fiorentino di nazione, non di costumi, prega vita lungamente felice e perpetuo incremento del nome glorioso.”

...Così Dante scriveva nella dedica della terza cantica, il Paradiso, a Cangrande della Scala, Vicario Imperiale di questi luoghi dove, dopo un esilio breve in Toscana il divin poeta avrebbe poi trovato rifugio in fuga da Firenze e dove noi abbiamo l'onore di ricordarlo questa sera.

Bonaventura da Siena, il traduttore del Libro della Scala, da parte sua, così introduce la sua traduzione in Latino del Libro della Scala, e rende omaggio ad Alfonso X re di Castiglia che l'aveva fatto tradurre dall'arabo nella sua accademia a Toledo alcuni decenni prima, esattamente nel 1264.

“Qui comincia il libro che in arabo si intitola Al Miraj, che in latino significa salire in alto. Muhammad lo compose e gli diede tale nome. Per questo è chiamato così dalle genti. Il libro narra dell'ascesa di Muhammad, del modo in cui salì al cielo per mezzo di una scala, come apprenderete da quel che segue. E vide tutte le mirabili cose che Dio gli mostrò, come lui afferma e il libro riporta.

Tale libro fu tradotto dall'arabo in spagnolo dal medico giudeo Abraham per ordine del nobile ed eccellente Signore Alfonso, per grazia di Dio re augusto dei romani, di Castiglia, di Toledo, di Lione, di Galizia, di Siviglia, di Cordova, di Murcia, di Giena e di Algarve, al fine di illustrare la vita e la dottrina di Muhammad. Ed Abraham lo divise e lo distinse in capitoli, affinchè si potesse più facilmente mostrare il suo contenuto a coloro che erano più desiderosi di conoscerlo, e dar loro soddisfazione più pronta.

E come il suddetto libro è stato tradotto dal menzionato Abraham, e suddiviso e distinto in ottantacinque capitoli, così io, Bonaventura da Siena, segretario e scrivano del predetto re, l'ho tradotto, parola per parola, dallo spagnolo in latino per ordine suo, come mi hanno permesso il mio debole ingenio e l'assistenza del mio scarso eloquio.”

Il racconto del Viaggio celeste del Profeta Muhammad, che fa parte della Storia Sacra dell'Islam, è anche Rivelato nella Sura Diciassettesima, versetto primo, del Sacro Corano. Quando la parola di Dio risuona: “Gloria a Colui che rapì di notte il Suo servo dal Tempio Santo al Tempio Ultimo dai benedetti precinti, per mostrargli i Nostri Segni, in verità Egli è l'Ascoltante, il Veggente.” XVII, I.

Come prima cosa vorremmo sottolineare la scansione cronologica degli eventi. Circa seicento anni separano la Rivelazione Cristiana da quella Islamica. Altri seicento anni trascorrono perchè in Occidente, nel milleduecento, in un contesto cristiano, e con le dovute legittime attenzioni a non mescolare le forme tradizionali, alcuni aspetti della Rivelazione islamica vengano trasmessi urbis et orbis in Europa attraverso opere artistiche ineguagliabili, come ad esempio, in letteratura, la Divina Commedia, che avevano precedenti immediati circa un secolo prima nel mondo islamico, come ad esempio il Verbo degli Uccelli di Attar, di cui si parlerà nel prosieguo di questo convegno.

Il fine della Divina Commedia è, come scrive Dante nella Lettera a Cangrande della Scala prima citata: “il trarsi dell'anima santa dal servaggio del presente corruttibile stato alla libertà della eterna gloria”. Cioè, in altri termini, l'elevazione al cielo attraverso la conoscenza di Dio, e il metodo citato da Dante si riferisce alla fuga degli Ebrei dall'Egitto ai tempi di Faraone descritta nel Salmo In Exitu Israel de Egyptu.

Il faraone della superbia dovrà essere evitato e sfuggito dal Profeta Mosè che condurrà il suo popolo al di là del mare delle passioni verso la Gerusalemme promessa, regno nuovo, presagio della discesa sulla Terra della Gerusalemme Celeste alla fine dei tempi.

Il divin poeta che ci ha lasciato in sintesi un patrimonio spirituale eterno, si dice non sorridesse mai. Alcuni dicevano che non sorridesse perchè aveva visto l'inferno. Altri dissero invece che non sorrideva più perchè era dovuto ritornare in questo mondo dopo aver visitato, ancor vivo, il Paradiso.

In effetti la possibilità di una realizzazione spirituale della Conoscenza Suprema per l'uomo si esprime in queste testimonianze di sacrificio che ripercorrono il sacrificio della Rivelazione e che concedono anche a noi la possibilità di seguire un itinerario celeste, verticale, accessibile in principio a tutti i credenti ma in effetti riservato a coloro che abbiano la vocazione e l'aspirazione a seguire tali insegnamenti tradizionali per elevarsi a queste vette ineffabili. Il sacrificio, sacrum facere, da emulare sarà quello di rinunciare alla propria immaginazione e sottomettersi alla superiore volontà divina dell'unico Creatore di tutte le cose, nella piena accettazione dei mezzi esteriori e interiori della vera religione.

All'alta fantasia qui mancò possa,

ma già volgea il mio desio e il velle,

sì come rota ch'igualmente è mossa

l'Amor che muove il sole e l'altre stelle

E qui vorremmo notare che quando si dice il Sole e le altre stelle, le altre stelle di cui si parla oltre al Sole, non devono necessariamente essere intese soltanto come i pianeti del sistema solare, in un'unica visione del solo nostro sistema solare, ma possono essere intese anche letteralmente come le altre stelle al centro di altre galassie tutte illuminate dalla medesima luce divina.

L'inizio è tratto dall'esperienza nella vita di una pausa di riflessione:

Nel mezzo del cammin di nostra vita, mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita.

Questa si risolve in un cambiamento di direzione, un cambiamento del cuore, un riorientamento spirituale, una metanoia, una conversione a Dio che fa presagire una possibilità autentica di salvezza.

Il significato per così dire morale, del viaggio, viene superato immediatamente nella prospettiva islamica in cui il Profeta Muhammad, svegliato all'improvviso nella notte dall'angelo Gabriele, viene trasportato a cavallo di al buraq, la cavalcatura alata simbolo dell’amore divino, dalla Mecca a Gerusalemme, nel tratto orizzontale del viaggio, al Isra, per poi salire al cielo, nel Mirag, e percorrere distintamente i diversi cieli che rappresentano i molteplici stati dell’essere fino a Dio.

Il simbolismo assiale, orizzontale e verticale, della croce viene riproposto nella Divina Commedia anche a proposito dell’Aquila. Occorre che la croce metafisica si rivesta delle penne dell’aquila spirituale perché l’anima possa prendere il volo e portare a compimento il proprio viaggio spirituale.

Così l’autorità spirituale dovrà essere superiore e guidare dall’alto, senza esserne condizionata, il potere temporale dell’Impero simboleggiato dall’aquila perché le dualità del mondo possano ritornare ad essere riassorbite nell’unità divina.

L'inversione di questa tendenza e la dimenticanza della vera autorità spirituale sono tra i segni dell'imminenza degli eventi escatologici in cui le potenze di illusione divengono tali che, secondo le parole del Cristo “anche gli eletti saranno ingannati, se ciò fosse possibile”.

Nei pressi del più alto dei cieli, nella prossimità divina, il Libro della Scala così ci introduce nel mistero:

“Pur vedendo che io, Muhammad, ero solo, avendomi Gabriele lasciato, nondimeno trassi cuore e ardimento dall'amore di Dio, e andai così oltre che superai tutte le separazioni di cui sopra s'è detto, tranne quella che era rappresentata dalla gloria di Dio. E avvicinandomi ad essa, ecco che udii una voce che mi diceva: “hakrop kodem, ya habibi, ya Muhammad”, che significa. “Avvicinati, Muhammad, amico mio”. Udendo ciò, mi spinsi ancora più avanti e udii un'altra voce che pronunciava la stessa frase. E, fattomi più vicino, udii un'altra voce che mi ripetè quelle parole aggiungendo: “ Sappi, Muhammad, che tu presso di me sei onorato più di tutti gli altri nunzi e più esaltato di tutte le altre creature da me create, siano angeli o uomini o jinn”. E udendo quella lode e quell'encomio che Dio mi faceva, subito avanzai ancora, avvicinandomi al punto che tra Lui e che non rimase che lo spazio di due tiri di balestra. Ed io salutai Dio, e lui me. E poi Lui mi domandò come si comportava il mio popolo. Ed io gli risposi che gli era molto obbediente.”

Pensiamo che questa obbedienza o sottomissione nella Pace, sia anche il più elevato atto di libertà dell'uomo che, rinunciando apparentemente alla propria volontà individuale, la rende incommensurabilmente più grande unendola alla superiore volontà di Dio.