L'Esicasmo nella Tradizione italo-greca/parte 2

L'Esicasmo nella Tradizione italo-greca/parte 2

Pubblichiamo la seconda parte dell'approfondimento dedicato alla tradizione esicasta nel sud Italia, dedicata alla figura di San Pancrazio (per la prima parte vai al seguente link: (https://www.sacrumetpolis.com/articoli/lesicasmo-nella-tradizione-italo-greca)

La tradizione liturgica romano-ortodossa insegna ai suoi fedeli a cantare che il Signore rende come folgore i Suoi Angeli e come fiamma i Suoi Ministri.

Pancrazio nacque ad Antiochia, in Siria, e con il padre – Marcello - era : “ […] Fra quelli che erano andati a Gerusalemme per la festa c'erano alcuni Greci [erano, infatti, antiocheni di lingua e cultura greche]. Essi si avvicinarono a Filippo (che era di Betsàida, città della Galilea) e gli dissero: “Signore, vogliamo conoscere Gesù”. Filippo lo disse ad Andrea, e poi Andrea e Filippo andarono a dirlo a Gesù. Gesù rispose: “L'ora è venuta. Il Figlio dell'uomo sta per essere innalzato alla gloria” [...]”.

Il Cristo si riferisce al Mistero della Glorificazione che Egli è venuto a portare sulla Terra: “[…] Sono venuto a portare il Fuoco sulla terra […]”, ma è anche incontestabile, sebbene tale glorificazione sia il fine della vita di tutti i Cristiani, che vi è un rapporto d’elezione e particolare che Cristo viene ad instaurare con questo gruppo di Greci.

Sarà, infatti, ad Antiochia, secondo quanto viene riportato negli Atti degli Apostoli che i discepoli verranno per la prima volta chiamati Cristiani: “ […] Barnaba poi partì alla volta di Tarso per cercare Saulo e trovatolo lo condusse ad Antiochia. Rimasero insieme un anno intero in quella comunità e istruirono molta gente; ad Antiochia per la prima volta i discepoli furono chiamati Cristiani […] “.

Nella grotta dove operò come Maestro e Guida San Pietro - motivo per il quale il titolo di "Papa" è anche del Patriarca di Antiochia e motivo per il quale questa sede Patriarcale ha, anch’essa, da sempre rivendicato il primato sulle altre sedi – e successivamente vi insegnarono Paolo e Barnaba dal 47 al 55 d.C. troviamo un interessantissimo mosaico pavimentale che raffigura lo Swatika e risalente al IV o V secolo d.C. Mi preme sottolineare il legame di questo simbolo con la manifestazione della Gloria, attraverso la Croce, alla quale allude il Cristo Stesso e che ritroveremo nella vita e passione di San Pancrazio quale episodio centrale di tutta la narrazione.

Scrive Guénon: "[...] in Occidente, fu uno degli antichi emblemi del Cristo che anzi restò in uso, come tale, fin verso la fine del Medioevo.

Abbiamo detto altrove che lo swastika è essenzialmente il « segno del polo »; se lo paragoniamo alla figura della croce inscritta nella circonferenza, possiamo facilmente renderci conto che, in fondo, si tratta di due simboli sotto certi aspetti equivalenti; ma la rotazione intorno al centro fisso, invece di essere rappresentata dal tracciato della circonferenza, è soltanto accennata, nello swastika, dai segmenti aggiunti alle estremità dei rami della croce e formanti con questa degli angoli retti; questi segmenti sono delle tangenti alla circonferenza, che indicano la direzione del movimento nei punti corrispondenti. Poiché la circonferenza rappresenta il mondo manifestato, il fatto che sia per così dire sottintesa indica, con tutta evidenza, che lo swastika non è un simbolo del mondo, ma bensì dell'azione del Principio nei confronti di questo [...]

In Lituania e in Curlandia [regione dell’attuale Lettonia], i contadini disegnano ancora questo simbolo sulle loro case; senza dubbio non ne conoscono più il significato, e lo considerano solo come una specie di amuleto protettore; ma la cosa più curiosa è che gli danno ancora il nome sanscrito swastika [...] non prendiamo minimamente in considerazione l'uso del tutto artificiale e antitradizionale dello swastika da parte dei «razzisti» tedeschi, i quali, con il nome fantasioso e piuttosto ridicolo di hekenkreuz o « croce uncinata », ne fecero molto arbitrariamente un segno di antisemitismo, con il pretesto che questo emblema sarebbe stato peculiare della

cosiddetta «razza ariana», quando invece, come abbiamo vista, si tratta di un simbolo veramente universale [...] " (René Guénon, Lo Swastika ne Il Simbolismo della Croce).

La Passio di San Pancrazio è uno dei documenti più importanti della Tradizione Italo-Greca, del Meridione d’Italia. Consacrato Vescovo, partì per la Sicilia sulla barca di un certo Licaonide. Fece scalo a Capo Schisò, che chiude da sud una delle baie più belle al mondo, sulla quale sorgeva Naxos, distrutta dai Siracusani nel 403 e ricostruita sul ripiano del Tauro dai Nassioti, Siculi e Zanclei – Messinesi – nel 358 a.C.: Taormina. E Taormina è, pertanto, dopo Siracusa, la Chiesa più antica dell’Occidente. San Pancrazio pone fine al culto locale – estremamente cruento, anche - al dio Falcone: la statua, per le preghiere di San Pancrazio, viene sollevata e fatta sparire da due stormi di corvi e di aquile, invocate dal Santo. Quando l’ìghemon di Taormina apprende dell’accaduto, terrorizzato dalle possibili conseguenze va a cercare San Pancrazio e lo trova assiso su un trono fiammeggiante. E’ la manifestazione della Gloria Divina, tipica della Tradizione Esicasta e l’ìghemon lo scongiura di potergli parlare. San Pancrazio ripone l’abito sacerdotale che indossa e le fiamme spariscono. Viene a sapere di un’altra divinità cui rendono culto gli abitanti, Lissone, e immediatamente scrive una lettera di congedo. Terminata la formula di risoluzione, la statua di Lissone precipita al suolo e si disperde in tanti pezzi. Gli abitanti si convertono così al culto del Teantropo.

In quello stesso periodo, però, Akilinos, re della Calabria, muove guerra ai Taorminesi. San Pancrazio si informa minuziosamente sui motivi del contendere e si fa portare l’antica cronaca, intitolata “La guerra di Tauro”. Questa narrazione è un documento di eccezionale importanza che fu unito alla Passio di San Pancrazio, sulle origini di Taormina, ma sul quale non posso soffermarmi ora.

San Pancrazio fece munire l’esercito di Taormina di stendardi riproducenti il Volto di Cristo e quando l’esercito calabrese di Akilinos mise sotto assedio la città, Pancrazio salì sull’acropoli e sollevò – notare quanto riferisce la Passio, che sottolineo in collegamento colla manifestazione della Gloria ed il simbolo dello Swastika di cui sopra – la croce sulla città, volgendosi ad oriente, a occidente, a nord e verso il mare. Con lui c’erano i diaconi Evagrio e Taziano, che reggevano ognuno un’icona. Gli assedianti videro levarsi un’accecante ed insostenibile serie di bagliori trisolari e terrorizzati si prostrarono al suolo. Giunti al cospetto di San Pancrazio si inginocchiarono davanti a lui, venerarono le icone e la croce: i tre soli che li avevano abbagliati e furono benedetti dal Santo che affidò loro anche sacerdoti e diaconi e permettendo che fra le due comunità si instaurasse un legame di fratellanza nel Nome di Cristo Salvatore.