Oriente e Occidente e il ruolo delle autorità spirituali nella lettura e gestione della fase escatologica

In Malesia, il Dialogo tra religiosi nella risoluzione dei conflitti

Malaysia

Il 28 agosto 2025 è stato inaugurato a Kuala Lumpur, capitale della Malesia, il Secondo Summit Internazionale dei Leader Religiosi, intitolato "Il ruolo dei leader religiosi nella risoluzione dei conflitti". Il Summit, organizzato dall'Ufficio del Primo Ministro della Malesia, in collaborazione con la Lega Musulmana Mondiale (MWL), segue di poco più di un anno il primo Summit dei leader religiosi del maggio 2024 e, anche quest’anno, riunisce circa duemila esponenti religiosi provenienti da 54 paesi di tutto il mondo. Si è trattato di un evento di grande rilevanza per riaggiornare il ruolo e la funzione delle autorità religiose in questa complessa fase storica di caos e irrazionalità.

Il primo dei due key speakers, il Primo Ministro della Malesia, Dr. Anwar Ibrahim, che è stato in visita ufficiale in Italia nel luglio 2025, ha esordito dicendo che “Oggi nel mondo c'è un deficit e un calo di fiducia tra i leader politici, sulla nozione di giustizia nei confronti dell'umanità e dei buoni valori. E quindi, noi leader religiosi non abbiamo scelta. Ci troviamo in un paese in cui la comunità è multirazziale e multireligiosa – ha continuato il Primo Ministro – ma molto pacifica, perché crediamo nei valori religiosi della pace, della giustizia, dell'umanità, della dignità umana”.

In questo senso, la storia della Malesia costituisce un significativo esempio: è importante ricordare come le confraternite islamiche (turuq) abbiano avuto un ruolo fondamentale non solo nella formazione dell’Islam in Malesia, ma in tutto il Sud-est asiatico. L’arrivo dell’Islam nell’arcipelago malese tra il XIII e il XVI secolo non fu il risultato di conquiste militari, bensì di un lento processo di penetrazione spirituale, culturale e commerciale, condotto certo da mercanti ma, più significativamente, da rappresentanti di maestri delle vie contemplative islamiche provenienti dall’India, dallo Yemen, dalla Penisola Arabica e dal Corno d’Africa. La loro testimonianza si diffuse facilmente poiché le confraternite seppero tradurre l’insegnamento religioso in forme adatte alla sensibilità locale e alle specificità dei tempi storici, introducendo una religiosità radicata nell’esperienza spirituale, capace di dialogare con le rappresentanze e sensibilità religiose locali preesistenti, come l’Induismo e il Buddhismo.

Ordini contemplativi come la Shattariyya, la Qadiriyya, la Naqshbandiyya e, negli ultimi due secoli, la Aḥmadiyya Idrīsiyya Shādhiliyya hanno storicamente plasmato non soltanto la disciplina spirituale delle popolazioni del Sud-Est asiatico, ma anche il tessuto sociale e politico delle comunità, consentendo la penetrazione diffusa di una spiritualità vissuta, armoniosa e rispettosa delle differenze. Ancora oggi i rappresentanti del tasawwuf, pur nel disordine generale di questi tempi ultimi, cercano di servire un argine alla degenerazione del caos che ha raggiunto anche l’Oriente, una testimonianza di fede che sappia costruire ponti di dialogo e la possibilità ancora effettiva di una prospettiva sacrale e simbolica della vita umana.

Sheikh Dr. Mohammed Al-Issa (Segretario Generale del MWL) ha poi invitato i partecipanti alla conferenza a concentrarsi non solo su quella che definisce una "predicazione astratta", ma anche a essere "attivi nel plasmare la pace" e a guidare i propri fedeli verso un impegno comune per la dignità umana.

Durante questo evento si è realizzata un’importante convergenza tra cristiani e musulmani. Per la religione cattolica era presente il nuovo Prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso del Vaticano, il cardinale George Jacob Koovakad. Il Cardinale ha sottolineato la grande responsabilità che hanno i leader religiosi nel mondo contemporaneo, chiamati ad affrontare le sfide attuali con coraggio, ma che nessuna nazione, nessuna religione, nessun leader può affrontare da solo, come ammoniva anche lo Shaykh Abd al-Wahid Pallavicini, fondatore della COREIS, quando affermava che non è possibile salvarsi da soli, “forti della nostra presunzione dottrinale o del nostro rigore tecnico, tralasciando di vigilare sulla sincerità delle nostre intenzioni, come consumati arrivisti che tentino di ingannare Iddio e se stessi” Abd al-Wahid Pallavicini, Islam Interiore, Milano, Mondadori, 1991, p. 82.. Su questa linea il Cardinale esorta a “ravvivare l’energia spirituale delle nostre comunità, guidando i cuori verso la compassione e la comprensione”.

Sempre durante il convegno il Cardinale Koovakad ha identificato tre modi con cui i leader religiosi possono contribuire alla prevenzione, alla risoluzione e al risanamento dei conflitti. Il primo è impegnarsi per essere “voci di pace e non di violenza”. Il secondo è il potere di guarigione dei cuori dato dalla religione. Il terzo è il dialogo interreligioso.

Chi, infatti, può negare che le religioni con le rispettive Scritture siano essenzialmente annunciatrici di pace e non di violenza? Eppure, il Cardinale riconosce con coraggio e onestà che “nelle nostre tradizioni ci sono individui e gruppi che hanno reinterpretato o distorto le Scritture, la tradizione e la storia per giustificare la violenza”. Anche in questo caso, lo Shaykh Abd al-Wahid Pallavicini affermava, già quarant’anni fa, che “le religioni non possono essere considerate in alcun modo responsabili di tutte le guerre, le sofferenze e le ingiustizie causate dagli uomini; e se gli uomini si combattono, non è perché sono ebrei, cristiani o musulmani, ma proprio perché non lo sono, o non lo sono abbastanza” Idem, p.100..

Lo stesso insegnamento emerge ancora dalle vicende delle turuq nel sud-est asiatico, che hanno sempre ordinato la precedenza della trasformazione interiore al di sopra dello scontro esteriore. La pratica rituale del linguaggio simbolico, nell’irradiamento su tutti i piani della Realtà della menzione costante del nome di Dio, ha contribuito a radicare l’Islam come religione di Conoscenza e Misericordia.

Questa eredità spirituale, considerata anche nel contesto interreligioso, può sostenere tanto l’Oriente che l’Occidente a riscoprire insieme il valore sacro della vita, la dignità essenziale dell’essere umano e la necessità di mantenere una comunicazione spirituale verso il Principio, certo comune, ma soprattutto Unico, Superiore e metafisico.

Così, anche relativamente al potere di guarigione dei cuori proprio della religione, attraverso misericordia, compassione e perdono, il Cardinale mostra grande sensibilità e competenza che apre già al terzo punto, quello del dialogo interreligioso.

La partecipazione del Vaticano a questa iniziativa del Primo ministro malese rappresenta, anche per l'economia spirituale delle relazioni internazionali fra Oriente e Occidente, un fatto importante che potrebbe portare a risultati inaspettati, nella misura in cui veramente i “leader religiosi” si riconoscessero uniti nella fede in un Principio Superiore, Creatore di tutte le cose, “Signore dell'Oriente e dell'Occidente, e di ciò che vi è frammezzo, se solo lo capiste” (Corano, XXVI: 28). Questo riconoscimento e questa testimonianza delle autorità religiose aiuterebbero i credenti e i popoli a non dimenticare il collegamento e la dipendenza della natura della terra dalla Scienza del divino Creatore che, secondo la dottrina islamica, ordina la manifestazione del Suo Principio, crea l'archetipo delle forme e distingue la proprietà specifica di ogni forma apparente rinnovandone la creazione in ogni istante, dal nulla.

Purtroppo, le analisi presentate nel corso del summit sembrano cogliere solo in parte la vera attualità di questi nostri tempi, tempi in cui la dottrina islamica ci insegna a riconoscere i segni di una fine, di una escatologia sempre più vicina. La mancanza del senso escatologico impedisce di inquadrare con chiarezza le degenerazioni che manifestano molti regimi politici, al di là della loro forma democratica o autoritaria, e anche quella di molti leader religiosi - verrebbe da dire pseudo-religiosi - e di intere popolazioni, che si illudono ideologicamente di poter cambiare il mondo. È singolare che tutto questo attivismo avvenga senza manifestare alcuna pietà, né il minimo timore di Dio.

Solo questa dimensione di umile sottomissione alla Signoria dello Spirito ci può aiutare a discernere, in mezzo alla confusione di questi tempi difficili ma benedetti, e continuare a praticare il vero Bene e partecipare alla presenza della Rahma, la Misericordia, come la dottrina islamica chiama questi tempi ultimi.

Così dalla Malesia, Paese in cui le confraternite spirituali hanno orientato la convergenza su un piano più elevato di diverse confessioni religiose, arriva un richiamo importante per l’Occidente.

In questi tempi oscuri, in cui la barbarie della violenza e l’irrazionalità dell’odio e delle manie di potere attanagliano l’umanità, l’Europa può riscoprire che nessun atto, privo di una dimensione verticale, può essere realmente efficace. La provvidenziale presenza dell’Islam in Europa, nel reciproco sostegno con i credenti di altre religioni, è un viatico per la ricerca della Pace “non come la dà il mondo” (Gv. 14, 27) e per l’azione di quella élite spirituale che non ha la funzione di cambiare il mondo ma di richiamare i cuori a un coraggio spirituale interiore ed esteriore e di arginare il male. Secondo il detto evangelico multi sunt vocati, pauci vero electi (“molti sono i chiamati, pochi in verità gli eletti”), infatti, questi rappresentanti, testimoni della Verità, pochi tra i molti, saranno gli strumenti di un riorientamento intellettuale che possa preparare i semi del ciclo successivo.

Abd al-Ghafur Masotti Responsabile COREIS per il dialogo interreligioso